fermentazione, conservazione alimenti

La fermentazione rappresenta il più antico sistema di conservazione degli alimenti. Sebbene i prodotti fermentati, di origine sia animale sia vegetale, costituiscano un terzo della dieta della popolazione mondiale, ancora oggi, in numerose parti del mondo, la loro produzione avviene in modo tradizionale, impiegando pratiche artigianali, che prevedono, ad esempio il back-slopping. In produzioni su grande scala la variabilità della materia prima, limita fortemente l’applicabilità di tecniche tradizionali e, ad oggi, l’impiego di colture starter selezionate costituisce una valida soluzione per garantire performance specifiche. Per avere qualche anticipazione sul tema, abbiamo intervistato Cinzia Caggia, Professoressa di Microbiologia Agraria presso l’Università di Catania.

Quali sono i benefici offerti da produzione e consumo dei prodotti fermentati?

Recenti evidenze scientifiche dimostrano che il consumo di alimenti fermentati contribuisce al mantenimento dello stato di benessere e di salute dell’uomo. Gli effetti della fermentazione riguardano la stabilizzazione microbiologica delle matrici alimentari, la modifica delle caratteristiche reologiche (viscosità, struttura), la comparsa di specifici tratti sensoriali e, non per ultimo, il miglioramento della digeribilità e delle caratteristiche nutrizionali. Inoltre, numerosi ceppi isolati da alimenti fermentati presentano attitudini probiotiche.

Come funziona la tecnica del back-slopping e cosa prevedono i futuri scenari tecnologici?

La più diffusa pratica artigianale di produzione di alimenti fermentati avviene attraverso il back-slopping, ossia la reintroduzione seriale di materiale proveniente da precedenti cicli di produzione. L’applicazione di tale tecnologia comporta il trasferimento continuo di popolazioni microbiche, in condizioni ambientali specifiche, determinandone, a lungo termine, l’adattamento genetico e la differenziazione genica. Per millenni l’appropriata modulazione dei parametri di fermentazione (quali temperatura, umidità, concentrazione di ossigeno, attività dell’acqua, concentrazione salina, disponibilità di nutrienti, etc.) ha condizionato lo sviluppo della popolazione microbica naturalmente presente in specifiche matrici alimentari, selezionando comunità microbiche le cui attività metaboliche hanno effetti diretti ed indiretti sulla sicurezza microbiologica e sulla stabilità dei prodotti finiti.

La standardizzazione del processo fermentativo è un’esigenza prioritaria avvertita sia dai produttori, per ottimizzare i processi produttivi e ridurre le perdite di produzione, sia dai consumatori che associano ai prodotti fermentati attributi di tradizione e caratteri salutistici, tra cui l’assenza di conservanti. In tale contesto, la migliore strategia di standardizzazione è rappresentata dall’impiego di colture starter selezionate in grado di dominare prontamente il processo fermentativo, di resistere agli stress selettivi e di contribuire alla determinazione di tratti sensoriali specifici.

Ad oggi in quali settori e in quali condizioni vengono applicate le colture starter?

Sebbene numerose colture starter siano presenti in commercio, il loro impiego resta ancora limitato. In settori a lunga tradizione di impiego di starter (vino, birra, formaggio, pane, kefir, yogurt) numerosi sforzi sono stati condotti per comprendere il ruolo cruciale dei microrganismi. I batteri lattici e i lieviti, in particolare Saccharomyces cerevisiae, rappresentano i principali costituenti di colture starter per numerosi prodotti alimentari, grazie alla capacità di migliorare le caratteristiche sensoriali, e di prevenire, attraverso la riduzione del pH e la produzione di peptidi antimicrobici e alcol etilico, lo sviluppo di microrganismi alteranti.

L’identificazione, la quantificazione e la valutazione della sopravvivenza degli starter durante i processi fermentativi sono stati a lungo considerati sufficienti a dimostrarne l’efficacia. Tuttavia l’impiego su scala industriale di ceppi selezionati in laboratorio non ha sempre sortito gli effetti desiderati, penalizzandone la diffusione.

Con quali tecnologie è possibile gestire più efficientemente i processi di fermentazione e monitorarne le performance finali?

L’avvento della genomica, che differisce in approccio, ampiezza e enfasi dalla genetica, e che comprende lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie per lo studio completo della biologia di cellule, interi organismi e popolazioni, ha rappresentato una svolta epocale nella comprensione delle interazioni microbiota-matrice, fornendo possibilità di intervento nella selezione di starter. Tali tecnologie analitiche hanno indagato la complessità del dinamismo delle comunità microbiche coinvolte nelle fermentazioni, svelando l’esistenza di interazioni multiple a diversi livelli (microrganismo-microrganismo, microrganismo-matrice e microrganismo-ambiente). L’opportunità di disporre del genoma intero di numerosi microrganismi e la produzione di informazioni in numero molto elevato e nello stesso intervallo di tempo (sequenziamento high-throughput), costituiscono strategie utili per la descrizione e l’interpretazione dei sistemi biologici, incrementando e consolidando l’efficienza dei processi di gestione e di controllo delle fermentazioni.

Quali sono le possibili criticità che possono emergere nel tentativo di standardizzare un processo ereditato dalla produzione artigiana? (Il passaggio da un processo tradizionalmente artigianale a uno standardizzato potrebbe influire sulla matrice colturale/culturale dei prodotti fermentati?)

Gli alimenti generalmente rappresentano ottimi substrati di crescita per numerosi microrganismi e l’applicazione di tecnologie produttive impone pressioni selettive distinte che modificano il destino di microrganismi indigeni. Numerose evidenze mostrano che il microbiota degli alimenti e’ fortemente influenzato dagli stress imposti dai processi produttivi e variazioni dei parametri di processo possono indirizzare lo sviluppo di alcuni gruppi microbici a scapito di altri o indirizzare i percorsi metabolici, la produzione di enzimi e di cataboliti che contribuiscono fortemente alla comparsa, nel prodotto finito, di caratteri distintivi. Ricerche continue propongono starter tecnologicamente compatibili, di nuova generazione, multifunzionali, in grado di rispondere a specifiche e mutate esigenze produttive. Le inattese performance osservate in prodotti ottenuti impiegando starter multipli (costituiti da specifici ceppi in miscela), confermano che la disponibilità di ceppi sicuri e caratterizzati sia a livello fenotipico che genotipico rappresenta la premessa per rispondere opportunamente alle richieste di un settore in continua evoluzione.

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