campi coltivati

 

Intervista al Professore Teodoro Cardi – CREA-Centro di ricerca Orticoltura e Florovivaismo di Pontecagnano (SA).

Il panorama agricolo italiano presenta ad oggi molte varietà locali, selezionate nel tempo dagli agricoltori e adattate ai diversi “ambienti” agrari del nostro Paese: sono state recuperate e riutilizzate negli ultimi anni in virtù del legame culturale con i diversi territori, delle caratteristiche qualitative, nonché di quelle di adattabilità e resilienza. Similmente, le varietà antiche sono state selezionate nel passato e poi abbandonate a favore di nuove varietà più produttive e con caratteristiche più adatte alle esigenze dell’agricoltura moderna. Ad oggi, i difetti di entrambe le varietà potrebbero essere eliminati con interventi genetici limitati, poiché sono fonte di geni utili per il miglioramento genetico e l’innovazione varietale, nonché per la ricerca scientifica, con indubbi vantaggi nel medio-lungo periodo per l’agricoltura e l’industria sementiera nazionale. Infine, le risorse genetiche vegetali d’interesse agrario e alimentare (RGVAA) includono le specie selvatiche imparentate a quelle coltivate (Crop Wild Relatives – CWR), autoctone e non, e gli Stock genetici (collezioni di mutanti e popolazioni sperimentali prodotte presso i Centri di ricerca) che trovano una diretta utilizzazione nel lavoro di ricerca e nel miglioramento genetico, con importanti ricadute indirette in agricoltura.

In attesa della Tavola rotonda Biodiversità in azione: ricerca e nuove sfide, politiche e strumenti  che si terrà il 14 giugno a Teramo, nell’ambito del Convegno Nazionale “Biodiversità2018”, riportiamo di seguito un’intervista al Professore Teodoro Cardi (CREA, Pontecagnano) che ci offre uno sguardo d’insieme sull’attuale organizzazione della gestione delle RGVAA nel nostro e in altri Paesi europei e sugli interventi necessari per superare i limiti nazionali.

Quali sono le attuali linee guida e le strategie di gestione delle RGVAA in Italia?

La tutela delle Risorse Genetiche deve sottostare, in particolare, a tre principali Trattati e Convenzioni internazionali: la Convenzione sulla Biodiversità dell’ONU (CBD), il Trattato internazionale FAO sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura (ITPGRFA), il Protocollo di Nagoya. Mentre la CBD e il Protocollo di Nagoya – la cui Autorità Nazionale Competente è il Ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare – fanno riferimento a tutte le forme di biodiversità e per tutti gli usi, l’applicazione del Trattato FAO nel nostro Paese è sotto la supervisione del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e riguarda specificamente le RGV per uso agricolo e alimentare.

Il MiPAAF, che ha il mandato per la protezione delle RGVAA, ha promulgato il “Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo” (PNBA), evidenziando le azioni prioritarie per la tutela delle risorse genetiche autoctone; in quest’ambito, sono state redatte, d’intesa con le Regioni, le “Linee guida per la conservazione e la caratterizzazione della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse per l’agricoltura”. Ora sono in via di realizzazione sia la concertazione di progetti interregionali che l’attivazione dell’Anagrafe nazionale delle varietà, razze e popolazioni locali. Oltre il MiPAAF e il MATTM, il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, le Regioni e svariate altre Amministrazioni locali hanno interessi e potere legislativo e gestionale sull’argomento: diverse Regioni si sono già dotate o si stanno dotando di Leggi e Regolamenti per la salvaguardia delle risorse genetiche agrarie locali, attraverso l’istituzione di Registri, Reti di conservazione e Banche regionali.

In Italia ci sono molte collezioni ex situ, in molti casi collezioni “personali” (working collections) di ricercatori dei due maggiori Enti di ricerca in agricoltura, il CREA e il CNR (vigilati, rispettivamente, dal MiPAAF e dal MIUR), e delle diverse Università, per cui esse sono gestite senza regole condivise e garanzia di accesso. L’attuale sistema appare particolarmente carente per quanto riguarda la conservazione ex situ in apposite Banche del Germoplasma e la distribuzione regolamentata dei differenti materiali genetici posseduti, non risultando nel complesso idoneo per il raggiungimento degli obiettivi delle normative internazionali, la sua integrazione in un sistema europeo, il rispetto degli standard internazionali (es. AEGIS, EURISCO, FAO) e la partecipazione del nostro Paese alle recenti iniziative volte alla genotipizzazione e fenotipizzazione delle RG conservate (es. DivSeek).

L’alto numero di interventi legislativi e gestionali, in un quadro di attori estremamente complesso e frammentato, e la scarsa attenzione verso le altre risorse (CWR, stock genetici e varietà ‘meno antiche’) e gli usi diversi da quello diretto in agricoltura (ricerca e sperimentazione, pre-breeding e breeding), minano i requisiti di razionalità ed efficienza della raccolta, caratterizzazione e conservazione di tutte le RGVAA.

Pertanto, urge costruire anche nel nostro Paese un sistema integrato e snello che garantisca la conservazione e l’accesso a tutte le risorse genetiche, con il fine di promuovere, insieme all’uso agricolo, la ricerca e l’attività di miglioramento genetico, anche privata, con una visione e una gestione unificata di tutte le RGVAA. In questa direzione, il Trattato FAO, riconoscendo il ruolo fondamentale delle RGVAA per la sicurezza alimentare globale, ha previsto un loro inquadramento particolare, secondo il quale esse sono escluse dagli impedimenti e incertezze del bilateralismo della CBD ed invece inserite in un sistema multilaterale in cui ogni paese membro, in linea con i principi della Convenzione, si rende responsabile verso tutti gli altri di mettere in comune le proprie risorse.

Quali esempi di buona gestione delle RGVAA possiamo osservare in Europa?

Negli altri Paesi europei a cui è consigliabile ispirarsi per le filosofie di approccio alla gestione delle RGV, la carenza di fondi degli ultimi anni ha inevitabilmente condotto alla revisione e alla razionalizzazione delle procedure e delle priorità. Ad esempio, il CGN (Centre for Genetic Resources) in Olanda, nato nel 1985 come banca genetica nazionale per la conservazione delle risorse genetiche vegetali, è stato poi trasformato in un centro autonomo con ampio mandato su tutti gli aspetti, tecnici e politici, riguardanti la raccolta, conservazione, caratterizzazione e distribuzione delle risorse conservate ex situ, e la gestione sostenibile di quelle conservate in situ. L’attività del CGN si svolge in stretto legame con imprese nazionali di miglioramento genetico e in parallelo con altri Centri di ricerca e Università, favorendo proficue collaborazioni scientifiche per la caratterizzazione e la valorizzazione delle risorse conservate.

Altro Paese europeo da cui prendere spunto è la Germania,, in cui è stato costituito l’Information and Coordination Centre for Biological Diversity (IBV) per conto del Ministero Federale per l’Alimentazione e l’Agricoltura (BMEL), ossia l’autorità centrale responsabile dell’informazione e del coordinamento di tutte le attività nel campo della “conservazione efficiente e dell’uso sostenibile dell’agrobiodiversità”. La Genebank federale è ospitata nel Leibniz Institute of Plant Genetics and Crop Plant Research (IPK) a Gatersleben, costituendo all’interno di questo un Dipartimento autonomo con mandato sul reperimento, conservazione e distribuzione delle risorse genetiche vegetali agrarie e ortive. Inoltre, il Department of Genebank dell’IPK conduce attività di ricerca relative alla caratterizzazione e documentazione delle RGV conservate, alla loro gestione e valutazione, agli aspetti tassonomici ed evolutivi; un major focus è costituito dalla caratterizzazione delle risorse conservate per la loro utilizzazione nel miglioramento genetico, mediante la fenotipizzazione per caratteri utili e l’applicazione di approcci di genomica.

Un forte legame tra le attività di conservazione delle RGV e il miglioramento genetico è anche evidente nel Regno Unito, per esempio presso la Genetic Resources Unit del Warwick Crop Centre: seppure le collezioni siano decentralizzate e delegate a strutture pubbliche/private, il locale Ministero dell’Agricoltura (DEFRA) coordina un “forum tecnico” che offre consulenza e sostegno tecnico al Governo per discutere a realizzare la conservazione delle risorse genetiche vegetali, comprendendo sia i curatori delle collezioni ex situ, sia gli attori coinvolti nella conservazione in situ e i rappresentanti di organizzazioni non governative, il settore commerciale di plant breeding, le università, gli orti botanici e la Commissione Forestale.

Quali sono le strategie e gli strumenti da adottare per rendere più efficace la gestione delle RGVAA sul territorio nazionale?

Una strategia integrata per la conservazione di tutte le RGVAA dovrebbe includere protocolli, competenze e infrastrutture per la conservazione in situ/on farm ed ex situ.

Il primo passo fondamentale per la razionalizzazione del settore è l’istituzione di un inventario nazionale completo di tutte le risorse genetiche d’interesse agrario, che sta alla base di una gestione razionale interna, oltre che precursore necessario per onorare i principi di conservazione sostenibile, utilizzo e condivisione equa delle risorse, come previsto dai vigenti accordi internazionali: se finora sono stati messi in atto tentativi di inventario relativi a limitati ambiti di competenza ministeriale (agricoltura, ambiente, ricerca), ora è prioritario definire una guida unitaria per poter coinvolgere le svariate realtà esistenti.

Secondo poi, risultano necessari il potenziamento e la concentrazione delle risorse conservate ex situ in poche Banche del Germoplasma nazionali, partendo da un’essenziale attività di coordinamento e divisione dei compiti tra il Governo centrale e le Regioni, per ciò che concerne le responsabilità sia per il reperimento e conservazione in situ (on farm) che per la conservazione ex situ delle RGVAA, la loro caratterizzazione e distribuzione alla Comunità scientifica e agli agricoltori. A regime, sarebbe quindi auspicabile che le attività per la gestione ex situ di tutte le RGVAA avessero un respiro e un assetto organizzativo nazionale/interregionale, mentre le attività per la conservazione on farm e la distribuzione agli agricoltori delle RG locali potrebbero essere gestite dalle Regioni, eventualmente sotto la supervisione scientifica di un organismo nazionale.

E’, inoltre, importante che vadano tenute distinte, per motivi di competenza, oltre che di modalità di finanziamento, le attività finalizzate al reperimento e alla conservazione, moltiplicazione e distribuzione delle RGVAA (tipiche di una Banca del germoplasma) da quelle basate su una loro utilizzazione strumentale per scopi di ricerca. Le prime dovrebbero ricevere dei fondi “ordinari” che garantiscano le attività di base, mentre le attività di ricerca non dovrebbero essere sostenute dai finanziamenti destinati al funzionamento della Banca, ma da fondi reperiti mediante Progetti competitivi.

Solo con uno sforzo per un lavoro coordinato che tenga conto di questi obiettivi fondamentali, l’Italia potrà farsi parte attiva della proposta per la costituzione dell’European Plant Germplasm System, da strutturare secondo un approccio multi-stakeholder. Va evidenziato che lo sviluppo dei nuovi strumenti genomici, (bio)informatici e biotecnologici sta modificando e ampliando il concetto di “risorsa genetica” e le opportunità per la protezione e la valorizzazione delle RGVAA, aprendo nuove potenzialità e sfide, anche per ciò che concerne la regolamentazione e il ruolo dei diversi portatori d’interesse. E’, infine, auspicabile che anche nel nostro Paese vengano uniformate e semplificate le regole per lo scambio di tali risorse ai sensi del Sistema Multilaterale di Accesso e Scambio dei Benefici.

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