campo grano con mano

Opportunità per l’agricoltura dalle varietà locali e antiche.

Il panorama agricolo italiano è ricco di molte varietà locali, selezionate nel tempo dagli agricoltori e adattate ai diversi “ambienti” agrari del nostro Paese. Il legame culturale con i diversi territori, le caratteristiche qualitative, nonché quelle di adattabilità e resilienza, hanno spinto in questi ultimi anni verso il loro recupero e (ri)utilizzazione in agricoltura. D’altro canto, alcuni difetti agronomici e qualitativi sono fattori limitanti.

Similmente, le varietà “antiche” sono state selezionate nel passato e poi abbandonate a favore di nuove varietà più produttive e con caratteristiche al passo con le esigenze dell’agricoltura moderna.

Molti difetti delle varietà locali e antiche, comunque, potrebbero essere eliminati con degli interventi genetici limitati (Cardi 2016; Casañas et al. 2017). Tali varietà possono essere utilizzate, inoltre, come fonte di geni utili per il miglioramento genetico e l’innovazione varietale, nonché per la ricerca scientifica, con indubbi vantaggi nel medio-lungo periodo per l’agricoltura e l’industria sementiera nazionale.

Infine, le “risorse genetiche vegetali d’interesse agrario e alimentare” (Rgvaa) includono le specie selvatiche imparentate a quelle coltivate (crop wild relatives – Cwr), autoctone e non, e gli stock genetici (collezioni di mutanti e popolazioni sperimentali generalmente prodotte presso i centri di ricerca). Le Cwr e i genotipi sperimentali hanno principalmente una diretta utilizzazione per il lavoro di ricerca e per il miglioramento genetico, con importanti ricadute indirette in agricoltura.

In questo articolo sono discussi l’attuale organizzazione della gestione delle Rgvaa nel nostro e in altri Paesi europei e alcuni interventi necessari per superare i limiti evidenziati a livello nazionale.

Alcune tematiche relative al reperimento, conservazione e valorizzazione delle Rgvaa sono state approfondite lo scorso 8 marzo presso il Crea – Centro di ricerca Orticoltura e florovivaismo di Pontecagnano (Sa) con esperti e operatori del settore. L’incontro è stato il primo di una serie che si concluderà dal 13 al 15 giugno a Teramo con il XII Convegno nazionale “Biodiversità2018”. È auspicabile che, anche in seguito a questi incontri, si arrivi a un percorso condiviso che conduca alla semplificazione e alla razionalizzazione della gestione delle Rgvaa nel nostro Paese.

La gestione delle Rgvaa in Italia

Il Mipaaf, che ha il mandato per la protezione delle Rgvaa, ha promulgato il “Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo” (Pnba), il quale ha evidenziato l’obiettivo generale e le azioni prioritarie per la tutela delle risorse genetiche autoctone. In quest’ambito sono state redatte, d’intesa con le Regioni, le “Linee guida per la conservazione e la caratterizzazione della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse per l’agricoltura”. Le fasi successive del Pnba, ancora in via di realizzazione, prevedono la concertazione di progetti interregionali e l’attivazione dell’Anagrafe nazionale delle varietà, razze e popolazioni locali.

La Legge 194/2015 (Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare) regolamenta diversi aspetti già individuati nel Pnba, tra cui l’istituzione dell’Anagrafe, della Rete e del Portale nazionale della biodiversità agraria e alimentare, e le modalità di conservazione delle Rgvaa.

Oltre il Mipaaf e il ministero dell’Istruzione, università e ricerca, le Regioni e svariate altre amministrazioni locali hanno interessi e potere legislativo e gestionale sull’argomento.

Diverse Regioni si sono già dotate o si stanno dotando di leggi e regolamenti per la salvaguardia delle “proprie” risorse genetiche agrarie, attraverso l’istituzione di registri, reti di conservazione e banche regionali.

In Italia ci sono molte collezioni ex situ, in molti casi collezioni “personali” (working collections) di ricercatori del Crea e del Cnr e delle diverse Università, per cui esse sono gestite senza regole condivise e garanzia di accesso.

Le criticità del sistema

L’attuale sistema appare particolarmente carente per quanto riguarda la conservazione ex situ in apposite Banche del Germoplasma e la distribuzione regolamentata dei differenti materiali genetici posseduti, non risultando nel complesso idoneo per il raggiungimento degli obiettivi delle normative internazionali, la sua integrazione in un sistema europeo, il rispetto degli standard internazionali (es. Aegis, Eurisco, Fao) e la partecipazione del nostro Paese alle recenti iniziative volte alla genotipizzazione e fenotipizzazione delle risorse genetiche conservate (es. DivSeek)

L’alto numero di interventi legislativi e gestionali, in un quadro di attori estremamente complesso e frammentato, e la scarsa attenzione verso le altre risorse (Cwr, stock genetici e varietà ‘meno antiche’) e gli usi diversi da quello diretto in agricoltura (ricerca e sperimentazione, pre-breeding e breeding), minano i requisiti di razionalità ed efficienza della raccolta, caratterizzazione e conservazione di tutte le Rgvaa.

Le criticità legate alla frammentazione del sistema italiano e la mancanza di una visione integrata e coordinata sono state evidenziate anche nelle citate Linee Guida per l’attuazione del Pnba e nel documento Ispra “La conservazione ex situ della biodiversità delle specie vegetali spontanee e coltivate in Italia”, nonché in documenti e report internazionali, come il “Country report on the state of plant genetic resources for food and agriculture – Italy” del 2008 e il più recente (2013) “On the sustainable use and conservation of plant genetic resources in Europe, Appendix I – Italy”.

La recente legge nazionale sulla biodiversità non affronta in maniera incisiva tali problematiche, considerato che, per la conservazione ex situ, all’art. 6 prevede solamente l’individuazione, “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dei soggetti pubblici e privati di comprovata esperienza in materia per attivare la conservazione ex situ delle risorse genetiche locali del proprio territorio”.

Integrato e snello

Appare, quindi, inderogabile costruire anche nel nostro Paese un sistema integrato e snello che garantisca la conservazione e l’accesso a tutte le risorse genetiche, con il fine di promuovere, insieme all’uso agricolo, la ricerca e l’attività di miglioramento genetico, anche privata, con una visione e una gestione unificata di tutte le Rgvaa.

In questa direzione il Trattato Fao, riconoscendo il ruolo fondamentale delle Rgvaa per la sicurezza alimentare globale, ha previsto un loro inquadramento particolare, secondo il quale esse sono escluse dagli impedimenti e incertezze del bilateralismo della Cbd e invece inserite in un sistema multilaterale in cui ogni paese membro, in linea con i principi della Convenzione, si rende responsabile verso tutti gli altri di mettere in comune le proprie risorse.

La gestione delle Rgvaa in Olanda

Fin qui l’Italia. Negli altri Paesi europei, dai quali si potrebbe prendere spunto soprattutto per il livello di organizzazione e per le filosofie di approccio alla gestione delle Rgvaa, la carenza di fondi degli ultimi anni è stato o è un key driver per la revisione e la razionalizzazione delle procedure e delle priorità.

L’Olanda è un esempio tra i Paesi che hanno saputo rispondere meglio a queste sfide: il Cgn (Centre for Genetic Resources), fondato nel 1985 a Wageningen, nel tempo si è evoluto da una semplice Genebank nazionale per la conservazione delle risorse genetiche vegetali, precedentemente conservate presso vari Istituti di ricerca governativi e l’Università di Wageningen, a un centro autonomo con ampio mandato su tutti gli aspetti, tecnici e politici, riguardanti la raccolta, conservazione, caratterizzazione e distribuzione delle risorse conservate ex situ, e la gestione sostenibile di quelle conservate in situ. Inoltre, il mandato copre non solo le risorse genetiche vegetali, ma anche quelle animali.

Per quanto riguarda le piante, il forte legame con le imprese private nazionali di miglioramento genetico, che contribuiscono al finanziamento del Centro e collaborano strettamente alle attività di raccolta e caratterizzazione, ha portato nel tempo alla ridefinizione delle priorità anche per ciò che concerne le specie conservate, oggi con un maggior focus sulle ortive e la patata.

L’attività del Cgn si muove in parallelo con altri Centri di ricerca e l’Università (Wageningen Ur) favorendo proficue collaborazioni scientifiche per la caratterizzazione e la valorizzazione delle risorse conservate (https://www.wur.nl/en/Expertise-Services/Statutory-research-tasks/Centre-for-Genetic-Resources-the-Netherlands-1.htm).

In Germania

In Germania, l’Information and Coordination Centre for Biological Diversity (Ibv), nell’ambito dell’Agenzia Federale per l’Agricoltura e l’Alimentazione (Ble) e per conto del Ministero Federale per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Bmel) è l’autorità centrale responsabile dell’informazione e del coordinamento di tutte le attività nel campo della “conservazione efficiente e dell’uso sostenibile dell’agrobiodiversità”.

La Genebank federale è ospitata nel Leibniz Institute of Plant Genetics and Crop Plant Research (Ipk) a Gatersleben, costituendo all’interno dell’Ipk un Dipartimento autonomo con mandato sul reperimento, conservazione e distribuzione delle risorse genetiche vegetali agrarie e ortive (http://www.ipk-gatersleben.de/en/gbisipk-gaterslebendegbis-i/).

Inoltre, il Department of Genebank dell’Ipk conduce attività di ricerca relative alla caratterizzazione e documentazione delle risorse genetiche vegetali conservate, alla loro gestione e valutazione, agli aspetti tassonomici ed evolutivi. Così come presso il Cgn un major focus è costituito dalla caratterizzazione delle risorse conservate per la loro utilizzazione nel miglioramento genetico, mediante la fenotipizzazione per caratteri utili e l’applicazione di approcci di genomica.

Nel Regno Unito

Un forte legame tra le attività di conservazione delle risorse genetiche vegetali e il miglioramento genetico è anche evidente nel Regno Unito, per esempio presso il Warwick Crop Centre (https://warwick.ac.uk/fac/sci/lifesci/wcc/gru/genebank/).

In Uk, seppure le collezioni siano decentralizzate e delegate a strutture pubbliche/private, il locale Ministero dell’agricoltura (Defra) coordina un “forum tecnico” per discutere a realizzare la conservazione delle risorse genetiche vegetali del Regno Unito. Questo Forum comprende sia i curatori delle collezioni ex situ, sia gli attori coinvolti nella conservazione in situ e i rappresentanti di organizzazioni non governative, il settore commerciale di plant breeding, le università, gli orti botanici e la Commissione forestale. Il Forum offre consulenza e sostegno tecnico al governo su aspetti sia tecnici che strategici relativi alle risorse genetiche vegetali (http://ukpgrg.org/).

Le cose da fare

Una strategia integrata per la conservazione di tutte le Rgvaa dovrebbe includere protocolli, competenze e infrastrutture per la conservazione in situ/on farm ed ex situ. Uno dei primi passi fondamentali per la razionalizzazione del settore deve essere rappresentato dall’istituzione di un inventario nazionale completo di tutte le risorse genetiche d’interesse agrario, che sta alla base di una gestione razionale interna, oltre che precursore necessario per onorare i principi di conservazione sostenibile, utilizzo e condivisione equa delle risorse, come previsto dai vigenti accordi internazionali. La creazione di tale inventario, di cui finora esistono tentativi che operano all’interno di limitati ambiti di competenza ministeriale (agricoltura, ambiente, ricerca), deve invece avere una gestione e una guida unitaria per poter coinvolgere le svariate realtà esistenti.

Inoltre, per motivi di efficienza economica e gestionale appare necessario il potenziamento e la concentrazione delle risorse conservate ex situ in poche banche del germoplasma nazionali. Similmente a quanto realizzato in altri Paesi, si ritiene necessaria, e non rinviabile, una maggiore concentrazione degli sforzi, basata su un’attività di coordinamento e divisione dei compiti tra il Governo centrale e le Regioni, per ciò che concerne le responsabilità sia per il reperimento e conservazione in situ (on farm) che per la conservazione ex situ delle Rgvaa, la loro caratterizzazione e distribuzione alla comunità scientifica e agli agricoltori.

La costituzione di una struttura nazionale potrebbe curare, per tutti e in maniera più efficiente e adeguata agli standard europei, la conservazione ex situ delle collezioni, limitando le sovrapposizioni e il dispendio di risorse, promuovendo e recependo allo stesso tempo le attività di valutazione e sviluppo condotte presso gli enti di ricerca e le università, nonché i rapporti con le ditte sementiere, le Genebank di altri Paesi e le istituzioni internazionali.

Le istituzioni regionali potrebbero meglio seguire la conservazione on farm delle risorse reperite e la moltiplicazione delle varietà locali per gli agricoltori interessati alla coltivazione. A regime, sarebbe quindi auspicabile che le attività per la gestione ex situ di tutte le Rgvaa avessero un respiro e un assetto organizzativo nazionale/interregionale, mentre le attività per la conservazione on farm e la distribuzione agli agricoltori delle risorse genetiche locali potrebbero essere gestite dalle Regioni, eventualmente sotto la supervisione scientifica di un organismo nazionale.

Serve un lavoro coordinato

È inoltre importante che vadano tenute distinte, per motivi di competenza e di modi di finanziamento, le attività finalizzate al reperimento, conservazione, moltiplicazione e distribuzione delle Rgvaa (tipiche di una banca del germoplasma) da quelle basate su una loro utilizzazione strumentale per scopi di ricerca.

Le prime dovrebbero ricevere dei fondi “ordinari” che garantiscano le attività di base, mentre le attività di ricerca non dovrebbero essere sostenute dai finanziamenti destinati al funzionamento della banca, ma da fondi reperiti mediante Progetti competitivi.

Ai sensi della normativa internazionale recepita dal nostro Paese andrebbe, infine, sviluppato un efficiente sistema di distribuzione delle Rgvaa sotto la copertura di appositi accordi (ad es. lo Standard Material Transfer Agreement previsto dall’Itpgrfa) e di compensazioni anche monetarie. Solo con uno sforzo per un lavoro coordinato che tenga conto di questi obiettivi fondamentali, l’Italia potrà farsi parte attiva della proposta per la costituzione dell’European Plant Germplasm System (Frese et al. 2016).

Un approccio multi-actor con la cooperazione tra i diversi attori (Eip-Agri Agriculture and Innovation 2016) è altresì necessario. Va evidenziato che lo sviluppo dei nuovi strumenti genomici, (bio)informatici e biotecnologici sta modificando e ampliando il concetto di “risorsa genetica” e le opportunità per la protezione e la valorizzazione delle Rgvaa, aprendo nuove potenzialità e sfide, anche per ciò che concerne la regolamentazione e il ruolo dei diversi portatori d’interesse (Manzella 2016; Cardi 2016; Casañas et al. 2017; Halewood et al. 2018).

È, infine, auspicabile che anche il nostro Paese, al pari di altri in Europa, escluda dal Protocollo di Nagoya tutte le Rgvaa, uniformando e semplificando le regole per lo scambio di tali risorse ai sensi del Sistema multilaterale di accesso e scambio dei benefici.

Leggi l’articolo di Terra e Vita n. 17/2018 completo di grafici e box di approfondimento.

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